La fotografia microstock è la causa della crisi del mercato fotografico? La domanda è non solo lecita, ma doverosa per chi legge questo blog proprio perché la maggior parte di noi contribuisce ad agenzie microstock.
Facciamoci una nostra opinione.
.
Breve antefatto
La scorsa settimana, a seguito della pubblicazione di un post di questo blog, Riccardo esprime la sua opinione negativa sul mondo del microstock. Il giorno seguente rispondo io, nel modo che vedete sotto. I brani sono qui riportati in modo integrale e senza correzioni. Lo scopo è quello di fare riflettere tutti e crearsi un’opinione, fotografi microstock o meno, sull’impatto che quest’attività ha avuto sul mondo della fotografia professionale.
.
Il commento di Riccardo
Ci risiamo e oggi non sono di buon umore, cosicchè non sono in condizione di lasciarvi perdere come faccio ogni giorno: Creare un secondo stipendio? il tuo secondo stipendio dimezza il mio.
Grazie alla nascita delle agenzie di stock (i revisori sono dei grafici o dei fotoamatori come voi, quindi non c’è alcun valore di crescita nelle loro selezioni) le riviste, che ciucciano sovvenzioni statali che paghiamo tutti con le tasse, non fanno più lavorare i fotografi professionisti che ripeto per la miliardesima volta non hanno un secondo lavoro, hanno una partita iva aperta ( e costa ) e sopratutto dedicano tutta ma proprio tutta la loro vita a migliorare la loro produzione ai massimi livelli.
Giocare a fare i fotografi e vendere le proprie immagini per poche monetine non vi farà arrivare da nessuna parte. Siete il cancro della fotografia attuale. Volete e avete scavallato la passione fotografica perché vi volete sentire fotografi ben sapendo però che non lo sarete mai, perché non serve solamente fare uno scattino carino e ben riuscito (che sapete fare solo col digitale), serve scoprire, viaggiare, investire denaro e tempo che al 99%nessuno vi rimborserà; serve lavorare su un progetto e non solo saperlo fotografare, ma capirlo a fondo.
Serve saper parlare con le persone, prendere e curare i contatti, comperare solo la giusta attrezzatura, revisionarla di continuo, leggere, leggere, criticare ed essere criticati, soffrire a morte, piangere, gioire. piangere, gioire, piangere, gioire , piangere, gioire. è molto semplice fare i fotografi con uno stipendio alle spalle e il culo al caldo. Lo dico oggi . l’ho empre detto e lo ridirò sempre.
Non avete rispetto e state massacrando sia il mercato dei veri fotografi che la percezione che le masse hanno della fotografia. Non avete idea di quanto danno fate, sia etico che estetico che economico. Vi piacerebbe che i fotografi venissero negli uffici dove lavorate e si offrissero di fare il vostro lavoro a tempo perso , magari nei week end ad 1/3 – 1/4 del vostro stipendio??? è ciò che fate voi.
Le agenzie di stock sono un cancro dei nostri giorni e servono un sistema editoriale marcio, che crea solo cacca. Andate in edicola e cercate una rivista davvero interessante sia di contenuti che di estetica fotografica…poi mi dite cosa avete acquistato. Le riviste di oggi sono tutte dei cloni. Le foto sono prese a 1 euro dalle pseudo agenzie (leggi stock) e sono tutte patinate, luminose , perfette, fotoscioppate, tutte identiche tra loro. un vero scempio estetico. Andate in una capitale europea e andate in una edicola e vi salterà agli occhi la differenza. Li il lavoro lo sanno difendere. li la bellezza, l’intelligenza e la cultura sono difese……Buon secondo lavoro, e che vi vada di traverso, magari mentre urlate il nome della vostra squadra in una squalllida domenica pomeriggio, di uno squallido paese…..che oramai naviga senza vele e timone.
.
La risposta di Paolo
Mi sembra di capire che abbiamo alcuni punti di vista diversi. Questo non vuol dire che tu sia autorizzato ad insultare gli altri chiamandoli “cancro”.
Detto questo, rispondo al tuo commento. Mi chiamo Paolo Gallo, mi occupo di fotografia microstock dal 2008 e gestisco il blog in questione. Il mio secondo stipendio (che mi sono fatto un mazzo così per creare negli ultimi sei anni) non dimezza il tuo, diversamente da come l’hai presentata o ti fa comodo credere. Il ragionamento è semplicissimo: una parte del mercato fotografico è cambiato, nello specifico quello della fotografia di stock.
Questo non vuol dire che la professione del fotografo sia estinta (anche se chi lo fa di professione mi dice che oggi si vive solo più di matrimoni), ma se vuoi fare fotografia per quel settore li in particolare ti devi adeguare.
Anche al tirannosauro gli piaceva tanto il periodo del cretacico superiore, ma poi il mondo è evoluto e lui si è estinto. Anche a me piace collezionare i dischi in vinile e continuerò a comprarli, ma lo so che il mercato della musica è andato avanti e la mia è ormai una nicchia. I fotografi possono continuare a scattare in analogico e piangersi addosso sul perché il mercato delle agenzie stock non è più quello di ieri, oppure rimboccarsi le maniche.
A titolo di riflessione lascio qualche spunto ai lettori per farsi un’opinione ragionando con la propria testa:
- La fotografia microstock è entrata violentemente nel mercato della fotografia stock tradizionale, ma è anche vero che quel mercato lo ha ampliato enormemente. Prima chi voleva un’immagine per una piccola produzione o non la acquistava, o la scopiazzava non sempre chiedendo permesso. Oggi se la compra ad un dollaro.
- Passione per la fotografia e microstock non sono in antitesi. Cosa vuole dire “avete scavalcato la passione fotografica perché vi volete sentire fotografi”? Ti assicuro che non solo io, ma moltissimi dei lettori del blog hanno un curriculum di formazione fotografica e professionale notevole.
- Nel corso del tuo commento te la sei presa con: agenzie microstock, contributors microstock, grafici, fotoamatori, tutte le riviste, tutto il sistema editoriale, le squadre di calcio e tutto il paese Italia. Ho avuto un bravissimo professore di psicologia che in una lezione ci disse: “quando proprio tutti attorno a te sono dei coglioni, è ora di comprarsi uno specchio”.
PS – Con riferimento alla tua ultima frase: non tifo per nessuna squadra (ma non ho capito bene cosa c’entrava con il resto del discorso) e, dopo avere viaggiato in tutto il mondo, penso che l’Italia, nonostante tutto, sia un paese ancora stupendo. Ah: e se non ti rispondo subito su Facebook non è perché voglio creare un “silenzio assordante”. E’ perché sono nell’orto a zappare la terra e sistemare le zucchine.
Fatti una cortesia: non ragionare per stereotipi!
.
Conclusione
La conclusione non la faccio io perché mi piacere sentire voi cosa ne pensate. C’è del buonsenso nella tesi di Riccardo? E in quella di Paolo?
A presto
Paolo
Argomenti tosti, sia da una parte che dell’altra.
Mi presento: sono quasiunfotografo, quasiungrafico, quasiunblogger, quasi insomma. :-)
Qui potete trovare cosa penso del microstock (che dà ragione un po’ a uno e un po’ all’altro):
http://quasiunfotografo.blogspot.it/2012/12/microstock-tempo-perso.html
Ora invece, le considerazioni sui pensieri di questo post.
Sinceramente mi sento quello che sono: un hobbysta che con il suo lavoro (magari non all’altezza di un GRANDE fotografo, ma sempre di lavoro COMUNQUE si tratta) riesce a togliersi qualche piccola soddisfazione.
Non credo di essere un massacratore del mercato, semmai lo sono le agenzie che hanno trovato il modo di pagare meno le fotografie.
Ma perché sono nate le agenzie microstock ?
Forse perché prima una foto costava centinaia di dollari e magari non era neanche tutto ‘sto granché ma quelle c’erano e bisognava pagare “obtorto collo” ?
Il digitale è stato una rivoluzione in tutti i campi dove si è potuto applicare, internet ha fatto il resto massificando e moltiplicando esponenzialmente domanda e offerta.
Quindi O ci stai dietro ed evolvi (o involvi, a seconda dei punti di vista), oppure sei fuori.
E’ vero, con l’analogico saremmo probabilmente tutti fuori dai giochi, ma purtroppo (o per fortuna) non è così.
Lamentarsi del fatto che scattiamo male e solo in digitale lascia il tempo che trova perché sono due livelli diversi.
Ciò nonostante, mi preme di tranquillizzare Riccardo ricordandogli che comunque c’è una sorta di “selezione naturale” che sega automaticamente i prodotti scadenti, infatti che sia microstock, POD, matrimnoni, cerimonie, mostre ecc. ecc. se una produzione non è all’altezza non viene considerata dagli acquirenti finali.
Il mercato dei veri fotografi non me lo filo neanche perché lo so da solo di non essere all’altezza (anche se sul modo di giudicare la qualità di una fotografia si potrebbe aprire una discussione della durata di ANNI).
Se un fotografo venisse nell’ufficio dove lavoro e si proponesse per un quarto del mio stipendio, dovrebbe comunque dimostrare di saperci fare con gli strumenti che utilizzo e offrire un buon prodotto finale, altrimenti verrebbe cacciato e io riavrei il mio posto.
E questo esempio può essere letto al contrario.
Avrei altro da dire, ma penso che per il momento basti questo per alimentare la discussione (che mi piacerebbe non diventasse una flame-war).
A voi la palla. ;-)
Non aggiungo commenti al dibattito perché la mia posizione la trovate qui sopra. Vi invito però a dare un’occhiata al blog di Quasiunfotografo: nel post che cita ci sono tutti i miei pensieri di qualche tempo fa! Bel blog!
Paolo
Grazie Paolo. :)
Scusa il doppione, mi sono dimenticato di dire che ho anche scritto questo articolo sul P.O.D.
http://quasiunfotografo.blogspot.it/2014/05/pod-tempo-perso.html
che trovo più soddisfacente rispetto al microstock (naturalmente per quanto mi riguarda).
Molto interessante anche l’articolo sul POD (print on demand). A dirla tutta, avevo fatto anche un pensierino se lanciarmi in quest’avventura o meno. Mi ha incuriosito però un punto: come riesci a spingere sul marketing? Ok, hai creato un bel biglietto d’auguri… ma come lo fai arrivare al cliente finale?
E’ un mercato cugino del microstock e si presta bene ad affiancarlo. Fanciulle e fanciulli, andate a leggere l’articolo su Quasiunfotografo che qui c’è trippa per gatti!
Qui sta il bello: a parte una pagina su Facebook e delle bachece su Pinterest, il mio marketing è quasi zero. :-)
Compenso con una buona analisi dei tag da inserire per il motore di ricerca interno che è molto performante, qualche post su blog dedicati e prodotti tendenzialmente adatti a un pubblico internazionale.
Peccato che Zazzle non sia ancora sbarcato sul mercato italiano con un sito localizzato, quindi viene tagliata fuori tutta la parte “non spicco inglisc”, un bacino non indifferente.
Speriamo che un giorno ci facciano questo regalo. :-)
Io ho una domanda.
Ma iStock, non è stata acquisita da Getty Image?
A questo punto consegue un’ulteriore domanda.
E Getty Images non è forse un’agenzia fotografica professionale?
Con questo non intendo dire che perché ho un misero portfolio su iStock mi sento un professionista del settore (anche perché non lo sono). Intendo dire che, come diceva Paolo, il mercato è cambiato e anche le agenzie fotografiche si sono adeguate all’evoluzione della specie.
Mah, che dire. Di sicuro non mi piacciono i toni di Riccardo al di là di come la pensa.
Per il resto sta succedendo quello che sta succedendo anche in altri settori quando si introduce una forte innovazione: c’è chi si rinnova e si adegua al mercato, chi rimane ancorato al passato e alla lunga soccombe al mercato stesso.
Nulla di nuovo.
Poi se è giusto o no ognuno lo valuta in base ai suoi ideali ma resta il fatto che l’innovazione fa parte della storia dell’uomo e nessuno la fermerà.
Il fatto di farlo come secondo lavoro che problema c’e. Basta pagare le tasse e rispettare le leggi.
Venendo da un paese a forte presenza di artisti troppo spesso incontro persone che pensano di essere artisti solo perché sono sporchi di polvere di marmo…
Oppure serve un ordine dei fotografi a cui devi essere iscritto per svolgere la professione ?
Mah, si sta andando verso la liberazione per altre professioni e da professionista iscritto ti dico che e un bene !
ciao Paolo, che dire? i due discorsi si intrecciano e si moltiplicano fra loro come le tessere di un domino virtuale che non finisce mai la sua corsa. Non si può certo criticare alcuni punti della discussione di Riccardo perchè effettivamente il mercato (e non solo quello italiano) sta perdendo le sue qualità artistiche ed estetiche; ma la sua rabbia contro tutti e tutto non è giustificabile. Io fotografo non mi lamento che gli altri mi rubino il lavoro. Dato che la mia qualità è maggiore, maggiore sarà il numero delle immagini che venderò sul microstock, perchè qui siamo tutti microstocker, non si parla di matrimoni, nè di prediciottesimi. Siamo tutti dediti a vendere immagini per il libero mercato. Il fatto che siano le agenzie a comandare questo dipende da noi. Siamo noi che destiniamo le nostre immagini al RF per poter spremere il più possibile da un singolo scatto: è una delle ragioni che ci spingono anche a mettere le stesse immagini in più siti e non essere fotografi esclusivi. Molti sono quindi i punti a nostro sfavore e pochi a favore. Ognuno di noi si impegna per l’esperienza, la volontà, il tempo che mette a disposizione di questo fantastico mercato che io, personalmente, amo. Sentirne parlare male mi dispiace. Io mi presento come una fotografa perché tale sono e voglio salire sull’Olimpo dei grandi microstocker. Guardo, infatti, certi miei colleghi con ammirazione per l’impegno che mettono nel loro lavoro e per la bravura di saper cogliere le nuove tendenze del mercato. Non lamentiamoci sempre che le cose vanno male, cerchiamo di migliorare noi e il nostro lavoro, cerchiamo di mettere impegno in quello che facciamo, non basta l’attrezzatura, non basta la bella ragazza che posa col sorriso fantastico. Lo dico perché so che vuol dire non guadagnare, so che vuol dire non lavorare e so cosa vuol dire faticare per avere l’attrezzatura base. Mi dispiace per tutti quelli che non la pensano così, ma io credo in me. Credo in quello che faccio e sono convinta che un giorno il mio lavoro mi aiuterà a vivere serenamente. Amo il mio lavoro, lo so che sarà dura, ma l’unica cosa che io possa fare è impegnarmi. Buon lavoro a tutti! Agata.
La posizione di Riccardo sembra come quella dei tassisti che rifiutano la tecnologia perchè non hanno la capacità di adeguarsi. Ci sono tanti fotografi professionisti cerimonialisti, matrimonialisti ecc. che si sono buttati nel settore del microstock, hanno visto un opportunità di poter aumentare il loro lavoro si sono messi in gioco ed hanno accettato di entrare in competizione con quanti fanno fotografia, dilettanti e non, alla fine è sempre il mercato che decide. Se una foto vale, VENDE, che sia fatta da un professionista o un dilettante. Mi chiedo, tutti questi siti web prima dove le prendevano le foto da pubblicare visti i costi? semplice molti le producevano da soli con una qualità pessima e molti altri le RUBAVANO dal web. Non regge le argomentazioni nemmeno la scarsa qualità delle riviste italiane, il microstock vende in tutto il mondo.
Inutili le guerre fra i poveri. Il mercato è cambiato. Non siamo noi a comandarlo. Ognuno di noi deve cambiare metodo più e più volte per sopravvivere, sia che siamo professionisti o aspiranti tali. Bisogna cavalcare l’onda, sempre e comunque, se no l’onda ci trascina via.
C’è una terza categoria che non avete citato…
Voglio rispondere a Riccardo, senza giudicare, ma cercando di analizzare il suo pensiero.
Credo che il suo problema con il microstock derivi dal fatto che non sia riuscito ad entrarci. Parla di analogico di foto artistiche, di revisori fotoamatori, penso che forse non è riuscito ad adeguarsi con i tempi, non sarà in grado di fare postproduzione digitale e sfoga tutta la sua rabbia contro questo mondo.
Se oggi un giovane aspirante fotografo mi chiedesse dove poter seguire una buon corso di fotografia gli risponderei semplicemente fatti accettare su shutterstock poi ne riparliamo…
Quando si stampa una foto molti aspetti lasciano il tempo che trovano… tanto è “Arte”, ma quando viene controllata scrupolosamente al 100% il discorso cambia, non tutti sono al passo con i tempi per poterci riuscire…
Il mondo della fotografia professionale non è morto anzi, basta pensare alla fotografia di moda, se devo fare un catalogo di un marchio di abbigliamento a chi mi rivolgo? al microstock? Se devo fare un catalogo di gioielli firmati a chi mi rivolgo? al microstock? Potrei fare altri mille esempi… Ma forse per fare questo genere di foto bisogna anche in questo caso essere al passo con i tempi e certi fotografi che pensando ancora all’analogico non riescono ad emergere…
Quindi la colpa è del microstock… Ci restano solo i Matrimoni…
Ho aperto parlando di una terza categoria la mia… Io “campo” con il microstock, si esattamente il mio unico introito sono i soldi derivati dalle vendite su i vari siti microstock, Allora? Seguendo la logica di Ruggiero vi devo mandare tutti a fare… Il professionista mi toglie introiti, l’amatore che tanto a il suo stipendio mi toglie introiti, ma dai stiamo scherzando? Ognuno di noi deve sentirsi libero di fare ciò che vuole senza imputare ad altri le sue incapacità.
Io avevo un posto sicuro guadagnavo i mie 1400 euro al mese ma non ero felice… Dovevo avere a che fare con il mio datore di lavoro i miei superiori che mi chiedevano fai questo, studiami questa soluzione, inventati qualcosa su questo genere, dopo 10 anni mi sono rotto le palle… Un anno fà ho scoperto questo mondo ed ora guadagno più di quello che guadagnavo prima sentendomi libero di fare ciò che voglio.
Con questo non voglio invogliare nessuno a fare la mia stessa scelta, è molto difficile emergere, io ho fatto qualcosa di simile negli ultimi 10 anni quindi sono stato molto avvantaggiato, non direi mai ad un idraulico con l’obi della fotografia lascia il tuo lavoro che in un anno fai più soldi… (poi proprio ad un idraulico con quello che guadagnano ;-)
L’unico consiglio che posso dare a “tutti” cercate di migliorarvi sempre, il mondo va avanti velocemente bisogna stare al passo con i tempi… Abbiamo youtube cosa vi serve di più… Dedicate un ora al giorno allo studio di nuove tecniche, all’apprendimento di nuovi programmi, (non esiste solo lightroom ahahah ;-) è cosa fondamentale non perdete mai la passione in ciò che fate…
Buona luce a tutti!
Michele, intanto i complimenti per la tua opinione approfondita e pensata. Devo dire che tutti stanno dando un bel contributo “pesante” a questa discussione (grazie a tutti!!!), e sentire la tua opinione da persona che ha fatto il grande salto da lavoratore dipendente a campare di microstock mi ha obbligato a fermarmi e pensare. E questa è una bella cosa. Se ti andasse di raccontarci per esteso la tua avventura fotografica e di vita a noi farebbe sicuramente piacere: magari potremmo dedicare un post. Sono sicuro che sarebbe utile a molti di noi (perlomeno, a me interesserebbe moltissimo!).
Per intanto, grazie ancora
Paolo
Lavoro nel campo del video e conosco fotografi che girano filmati di qualità pessima, li montano in modo dislessico e non riescono neanche ad esportarli correttamente per la visione finale. Vedi, caro Riccardo, ognuno ha i propri mostri. Con questo non mi sogno però di affermare che le DLSR sono una maledizione e chi gira in questo modo è un tumore ambulante, fa parte della vita trovarsi davanti ad ostacoli più o meno alti e fa parte della sopravvivenza cercare di scavalcarli.
MaX
PS: chi coltiva le zucchine ruba il lavoro ai poveri agricoltori!
Max, è vero! Non ci avevo mica pensato alla storia delle zucchine! E’ che mi sto portando avanti con il lavoro. Siccome prima o poi mi licenzieranno (il lavoro di impiegato a tempo indeterminato e intoccabile appartiene al passato) mi sto portando avanti con i tempi: doppia carriera di fotografo microstock e agricoltore!
Purtroppo il commento di Riccardo rivela molta ignoranza (mancanza di conoscenza) in materia e molta presunzione, quindi non offe molti spunti per un dialogo costruttivo.
Comunque il suo punto di vista è molto diffuso in Italia. Non si sa per quale motivo, ma quando qualcuno inizia a fotografare viene sempre visto con sospetto e quasi con paura. Non parliamo di quando qualcuno ci guadagna pure con la fotografia.
Triste a dirsi questo è il retaggio di un paese vecchio in cui i mestieri venivano tramandati solo in famiglia per paura che gli estranei “rubassero il lavoro”…Riccardo è rimasto indietro di 40 anni..E con lui molti italiani.
Per correttezza Riccardo dovrebbe prendersela anche con tutte le donne che si improvvisano parrucchiere e tagliano i capelli a figli e mariti. Queste donne “non hanno rispetto e stanno massacrando sia il mercato dei veri parrucchieri che la percezione che le masse hanno del taglio dei capelli. Non hanno idea di quanto danno fanno, sia etico che estetico che economico.”
Ciao Michele.
Anche a me, come a Paolo, farebbe piacere ascoltare la tua storia. Il tuo punto di vista mi incuriosisce. Spero di leggerla presto. Magari potrei prendere spunto.
Scusatemi se intervengo di nuovo. Volevo comunque far notare che è vero i prezzi hanno avuto una caduta verticale, come in quasi tutti i settori, ma c’è da notare che almeno in questo campo la qualità del prodotto è aumentata e non diminuita come qualcono vuol far credere. Inoltre le riviste per poter utilizzare le foto devono comprare una licenza estesa e, a questo punto, la differenza con lo stock è minima.
Sarebbe gradita una replica di RICCARDO.
x Fabio Nodari
non penso sia l’ignoranza la molla che spinge uno come Riccardo a questi sfoghi, penso sia indice di una crisi e non è neanche giusto prendersela con lui per questo. In alcuni periodi della vita non è sempre possibile stare dietro al cavallo più veloce, si ha bisogno di rilassarsi un po’ per dedicarsi alle cose che stanno intorno al lavoro. Voglio dire (se ti va bene) 1/3 della vita lo lavori, 1/3 lo dormi non è che ti rimanga tanto alla fine.
Delicatezza e comprensione da un lato ed educazione (leggi no offese) dall’altro, è il mio consiglio.
PS: x Paolo
I miei sono agricoltori e finché durano a me le zucchine non mancheranno, nel frattempo faccio training con basilico, prezzemolo e timo nel mio appartamento. Vedi che anche io ci penso al futuro?
Invece io sono quella che è intromessa nel POST su facebook. La Giovanna insomma. Mi dispiace per Riccardo, si devo dirlo, dal post trasuda forse piu un aspetto personale, quando invece di personale non c’è proprio nulla. Si parla di mondi diversi, finalità diverse anche strutture diverse insomma. Il digitale miete le sue vittime. E tra queste ci son caduti che hanno fatto parte della sua culla ma che non si son adeguati. Gli strumenti cambiano, alcuni velocizzano altri sono piu complessi. Il linguaggio cambia, anche lo stesso dell’immagine. Non capisco la sua affermazione sul ‘forse bravi solo con il digitale’. Non capisco questo, devo immaginare Riccardo che per fare un servizio fotografico matrimoniale è li di DURST e provinatura, filtri in gel…ma stiamo scherzando? Vi prego salvatelo, tiratelo fuori di li !! No perchè se è cosi non è sotto per la sua bravura ma per i costi sostenuti !!! Io non voglio sindacare il lavoro di Riccardo , no, voglio sindcare l’idea che ne viene fuori da qualcuno che più di altri dovrebbe correre avanti a tutti. Qui si sta parlando di costruire un linguaggio di programmazione per commodore 64 quando le banche usano Java. Con tutto il rispetto per il vintage che spesso torna di moda come i jeans a zampa di elefante, ma qua si rischia di rimanere schiacciati dalle zampe. No no, non ci siamo proprio. Se proprio è cosi fastidioso avere partita iva e fare quel lavoro, venga nel microstock, non ho visto cartelli in giro ‘tu qui non puoi entrare’, c’è bisogno di qualità anche li. A patto che lasci il suo ingranditore a casa (se vuole gli mollo anche il mio..non so piu dove metterlo e mio figlio di 2 anni l’ha accesso per guardarsi il pisellino tra le mani…). Io voglio bene a quell’uomo, gli voglio bene perche nell’animo è come mio nonno, mi bacchetta sui principi della vita mentre io corro con il vento tra le mani. Gli voglio bene perche ama la fotografia questo è indiscutibile, ma voglio farli capire che il restauro delle foto di Perl Arbor non interessa piu a nessuno, qui siamo alla terza generazione , anche quarta dopo quel fattaccio. Riccardo noi mangiamo kebab con senape e ketchup, capisci quanto siamo avanti? Noi le mele le fotografiamo dopo averle lavate con l’olio di semi. Tu quella mela la guardi e invece di dire che buono esclami ‘io quella me la farei !!’ (scusate il francesismo). Insomma questo è il nostro approccio, è tipo un ossimoro continuo non so…mmm… junkfood and healthy, ecco ‘spaccati il fegato e muori felice’. Siamo cosi, dai , contenta di averti tra noi Riccardo.. (troppo personale? dite? cavolo avevo promesso di no..)
Ooops.. Uno naviga in cerca di info e guarda in che si imbatte.
Normalmente non sento il bisogno di commentare, ma qui la questione è davvero intrigante.
Premesse:
– Sono ormai 38 anni che fotografo ed ho svolto l’attività di fotografo professionista per circa un decennio, nei mitici ’90. Ah, non sono ancora mitici? Eh va beh, lo diventeranno, prima o poi! :-)
– Prima e dopo ho operato in ambito commerciale, negli ultimi 8 anni con un focus particolare al web marketing e social media.
– Sto tornando ad essere un fotografo professionista (il che ha del paradossale, ma questo è un altro discorso).
La prima cosa cosa che mi salta all’occhio (non a quello del fotografo) è che l’intervento di Riccardo è un esempio da manuale: come vanificare dei contenuti corretti utilizzando la forma sbagliata. Se mai leggerai questa nota Riccardo, ti prego di non volermene: è una valutazione professionale, non certo un giudizio personale.
Mi riferisco al fatto che parte di ciò che sostiene Riccardo è certo frutto di una visione soggettiva, rispettabile ma opinabile, ma nel suo ragionamento c’è anche una parte oggettiva.
Prima dell’avvento del digitale il livello di competenza richiesta al fotografo professionista era nettamente più elevato, perlomeno in termini di competenza tecnica.
Utilizzare con perizia un banco ottico è cosa altra da qualsiasi reflex e lo still life era sinonimo di banco ottico.
Non era possibile visionare immediatamente il risultato del proprio lavoro, pertanto gli errori e gli imprevisti venivano a manifestarsi dopo: se sbagliavi o qualcosa non funzionava a dovere raramente era possibile rimediare.
Ogni scatto aveva un costo definito, non certo irrisorio, in special modo nello still life dove appunto lo standard era il banco e quindi le lastre.
Più eri bravo e meno pola ti servivano per mettere a punto il set, e le pola non te le regalavano. La pellicola non aveva l’elasticità del RAW e photoshop era poco più che un prototipo e pura fantasia per la quasi totalità di noi.
L’investimento necessario per fare still life di buon livello era notevole, sia in termini di attrezzatura che di formazione.
La concorrenza c’era, eccome se c’era, specie nei lavori di livello basso e medio basso (es. volantini per supermercati e cataloghi semplici), ma era tra professionisti, nessun doppiolavorista.
Non era certo facile ed i costi erano difficili da sostenere, io stesso cambiai attività per la scarsa convenienza rispetto all’impegno ed ai sacrifici richiesti, ma non era certo dovuto alla concorrenza degli amatori.
Ora tutto è cambiato, appare davvero come un altro mondo, sono passati 15 anni ma è come ne fossero passati 50.
E’ innegabile che le opportunità oggi siano incredibili così come è vero che l’omologazione delle immagini secondo standard definititi capaci di filtrare centinaia di migliaia di immagini al mese, abbia livellato la qualità su un livello medio senza particolari punte di eccellenza, una sorta di omologazione generale, del resto con questi numeri difficile immaginare di potersi permettere editor dalla professionalità eccelsa, né si può pensare che l’eccellenza assoluta sia adatta al mass market, vale per la musica, per la letteratura, per un sacco di altri campi, non vedo perché non dovrebbe valere per la fotografia.
Certo restano le grandi produzioni (dubito che i creativi di Armani comprino le immagini su iStock), ma non credo siano sufficienti a soddisfare tutti i professionisti che sino a qualche anno addietro campavano di still life, editoria, ecc.
Riccardo, mi pare di capire, fa particolare riferimento appunto all’editoria, mondo in profonda crisi. Onestamente non lo ricordo come particolarmente florido nemmeno 20 anni fa, ma non certo come oggi. Oh, ma vi rendete conto che Grazia Neri ha chiuso? Nella loro chiusura sta il paradigma di come e quanto è cambiato il mercato in pochissimi anni.
Venendo ai doppiolavoristi, partiamo dall’ovvio: non sono professionisti, nell’accezione più tecnica, non lo fanno per mestiere principale, non sfangano il lunario con la sola fotografia. Questo cosa significa? Beh che la competizione non è ad armi pari, è oggettivo.
La prima domanda che mi sovviene è di natura fiscale: tutti coloro che svolgono l’attività di fotografo come secondo lavoro hanno aperto la partita iva ed emettono regolare fattura?
Pagano quindi le tasse sul surplus di reddito? Assolvono a tutti gli adempimenti relativi? Se la risposta è sì, si può discutere l’aspetto etico (non si compete ad armi pari, per cui la concorrenza è sleale, ma è la vita e nessuno ha mai promesso che sarebbe stata facile) ma non certo di quello legale. Ma siamo in Italia e qualcosa mi dice che non è così ed alcuni commenti qua sopra parrebbero confermarlo. Se così è, in quei casi, la concorrenza è molto sleale ed il rancore espresso da Riccardo più che giustificato.
Quello che si è sempre recriminato nei confronti degli amatori che fanno lavori retribuiti è: “vuoi fare il professionista? Ottimo! Allora licenziati, apri la partita iva e vieni a competere nell’arena come noi, se non sei disposto a fare questo allora stanne fuori”.
Ed il problema oggi mi pare sia molto più sentito di un tempo, tanto che Tau Visual ha organizzato a novembre una manifestazione a Milano per chiedere regole certe ed uguali per tutti: https://www.facebook.com/fotografiuniti ed è in corso una campagna di sensibilizzazione sui social “chiedo che le regole siano uguali per tutti”.
Quindi alcune delle ragioni di Riccardo, al netto del rancore con cui sono espresse, non sono proprio infondate e figlie di una inadeguatezza ai tempi.
Certo esprime alcuni luoghi comuni, ed è sbagliato considerarli riferimenti assoluti, ma è altrettanto sbagliato non ricordare che gli stereotipi hanno il fastidioso vizio di nascere sempre da un fondo di verità.
Ha più che ragione Fabio a sostenere che il familsmo e le caste sono uno dei problemi endemici dell’Italia, la fotografia non ne è immune, almeno a livello di desiderio, dato che l’album professionale tanto inseguito anni fa non è stato mai ottenuto (per fortuna), mi si permetta però di osservare che le mogli che si improvvisano coiffeur tagliando i capelli in famiglia sono assimilabili a chi non chiama il fotografo per il compleanno del figlio o preferisce scattarsi le foto delle vacanze anziché acquistare cartoline. Per fare un paragone corretto bisognerebbe immaginare un’impiegata che uscita dall’ufficio piantasse una bella tenda in giardino per fornire il servizio di taglio e piega a prezzi competitivi. E’ un po’ diverso, non trovate?
Caro Paolo tu dichiari che molti frequentatori del tuo blog vantano curricula accademici e professionali di tutto rispetto pur senza essere professionisti. Non mi permetto certo di dubitare della formazione, ma sostenere di avere un gran cv professionale senza essere professionisti non è un ossimoro?
Credo di capire Riccardo quando cita lo stereotipo del calcio che, perdonami Paolo, sarà anche uno stereotipo, ma ha un fondo di concreta e tristissima realtà.
Sì lo capisco, perché è vero che il nostro è un paese meraviglioso, arte storia e cultura come in nessun altro posto al mondo, la cucina migliore del pianeta, clima mite, splendidi paesaggi, ma non sono cose il cui merito sia riconducibile alle ultime generazioni di italiani.
Dato che hai viaggiato molto, Paolo, non ti sarà sfuggito che in molti altri paesi, in particolare del Nord Europa ma non solo, il senso civico, il buon senso, il rispetto delle regole, il welfare e la qualità dei servizi, sono tutti aspetti il cui livello in Italia è molto molto più basso, decisamente insufficiente.
Giovanna, permettimi di osservare che mangiare Kebab con senape e ketchup non significa necessariamente essere avanti, semmai a me pare significhi aver perso il buon gusto che ci ha consentito di sviluppare la migliore cucina del mondo.
E’ vero, restaurare il passato interessa a pochi, forse a nessuno ed in effetti la memoria labile è uno dei mali di questo paese che persevera diabolicamente a commettere gli stessi tragici errori.
Ciò che capisco del rancore di Riccardo è che questo paese, stereotipi o meno, nei fatti non premia quasi mai la professionalità, l’impegno e, men che meno, la lealtà ed il rispetto delle regole, al contrario, premia chi si arrangia, chi trova un proprio equilibrio muovendosi nelle pieghe, nelle zone grigie, non intendo chi si muove nell’illegalità assoluta, questo no, ma chi si “arrangia”, appunto. Sbaglierò, ma a me questo sembra essere tutto meno che “avanti”.
Che il “sistema Italia” non sia particolarmente efficace mi pare si stia dimostrando in modo piuttosto evidente e molti ne stanno pagando il prezzo. Ciò che personalmente trovo tragicamente triste è che senza il riconoscimento dei propri limiti è impossibile superarli, andare oltre. Non mi pare di cogliere un riconoscimento deil’origine dei problemi sufficientemente condiviso da costituire una base efficacemente funzionale al cambiamento.
E’ vero se tutti intorno a te ti sembrano sbagliare forse è il caso di fermarsi un attimo, cercare uno specchio e fare il punto con serena autocritica, potresti scoprire di essere tu a sbagliare. Oppure potrebbe capitarti di capire, serenamente, che il problema è che semplicemente sei nel posto sbagliato: se puoi te ne vai, se non puoi ti tocca di sopportare e capita di sbottare, qualche volta.
Marco, stavo preparando alcune fotografie per agenzie microstock, ho letto il tuo commento, mi sono fermato ed ho pensato. Che è una gran cosa, quindi grazie!
Grazie anche per il tempo e la competenza espressa nel tuo commento. L’ho riletto tre volte prima di pubblicarlo, perchè gli spunti di riflessione sono veramente tanti.
Soprattutto mi è piaciuto uno spunto (cito): “E’ vero se tutti intorno a te ti sembrano sbagliare forse è il caso di fermarsi un attimo, cercare uno specchio e fare il punto con serena autocritica, potresti scoprire di essere tu a sbagliare. Oppure potrebbe capitarti di capire, serenamente, che il problema è che semplicemente sei nel posto sbagliato”. Ok: questa sera ho di che meditare…
Grazie a te Paolo: il tuo blog è una preziosa fonte di informazioni, in momento in cui per me le informazioni sono preziosissime.
Leggendo i tuoi post, oltre alla completezza delle informazioni, devo dire che apprezzo davvero molto l’onestà intellettuale che li contraddistingue.
Lietissimo di averti stimolato.
Caro Marco, ho letto attentamente la tua ‘ripresa’. Come molti discorsi, anche questo apre uno spaccato che credo mai verrà ricucito. Professionisti, non professionisti, lavoro in nero. Sembra che tutto questo ricada nell’etica personale di ognuno, e quell’etica ,credimi, non è cosi facilmente giudicabile come si pensa. Non ho piantato nessun ombrellone davanti al mio ufficio, dovesse accadere, sarà solo per prendere il sole. Ma ho sfruttuto opportunità, personalmente, quello l’ho fatto e sono orgogliosa. La buona cucina è fatta anche di serate in cui lo spaghetto aglio ed olio è pari al raviolo aperto di MArchesi, dove il kebab lo preferisci alla pizza napoletana. Credo , permettimi, tu abbia frainteso l’essere avanti. L’hai capito piu come uno ‘yo’ di Jovanotti. Ecco voglio esprimermi meglio. L’essere avanti significa rivalutazione delle proprie risorse e reinvestire queste capacità in cio che ti viene offerto. Il fatto che tu abbia saltellato con i tuoi lavori dimostra ciò che sto dicendo: adattarsi, ecco , questa è una gran parola, Immagino che chi soffra l’adattamento abbia una specie di paralisi rivalutativa. I grandi porfessionisti di cui parli tu molto spesso mi hanno chiesto professionalmente di non emettere fattura o di indicarci prezzi minori. Lungi da me l’idea che sia tu,ovvio, ma come vedi fare di un erba un fascio è brutta cosa.
Cara Giovanna, ti ringrazio per il tempo che hai dedicato al mio commento. Devo purtroppo constatare di aver in parte fallito lo scopo comunicativo, dato che alcuni tuoi riferimenti paiono incongruenti con quanto da me esposto. Su altri aspetti, invece, ho la sensazione che tu faccia un po’ di confusione. Provo comunque a seguire i tuoi punti.
Le spaccature sono congenite in una società individualista e sostanzialmente egoista come la nostra, incline ai grandi gesti estemporanei di magnanima beneficenza, molto meno alla serietà del diritto/dovere quotidiano. A che ricordi il rapporto tra professionisti ed amatori è sempre stato di odio/amore, molti dei primi necessitano dei secondi (se no chi li osannerebbe e li appellerebbe “maestro” e, soprattutto, contribuirebbe al loro sostentamento pagando corsi e workshop?). I secondi, spesso, idolatrano/invidiano i primi dalla cui considerazione talvolta dipende la buona salute del loro ego. Però, da qui a dire che l’etica è soggettiva ed opinabile secondo il singolo sentire, più che azzardato mi par proprio sbagliato. Esistono cattedre di etica, dalla filosofia, di cui l’etica è branca, alla medicina, al diritto a praticamente tutte le scienze. Certo l’etica non è statica né univoca, mobilis in mobile, si evolve e muta con i mutamenti sociali, possono rilevarsi sensibili differenze da cultura a cultura ma ciò non significa che ognuno possa rifarsi ad un proprio personale impianto etico, salvo non voler giustificare la qualsiasi: pedofilia e razzismo, per citare degli estremi, spererei non possano divenire opinioni.
Ad ogni buon conto, il mio commento, che per inciso aveva semplicemente lo scopo di indurre alla riflessione critica, faceva riferimento sì all’etica, riconoscendogli però in questa fattispecie un valore legato alla sensibilità soggettiva. Nelle regole invece, valore e contenuti coincidono con pragmatica semplicità. In questo caso le regole sono leggi e sono, o dovrebbero essere, uguali per tutti. In questo specifico senso sono dolente di doverti dire che, se non sei in regola con le norme fiscali vigenti, è proprio come se avessi piantato la tenda in giardino in concorrenza (sleale, eticamente e giuridicamente) con le attività regolari, il fatto che non si veda è irrilevante. Se invece sei in regola, allora sì, solo tende da sole! :-)
Cogliere le opportunità è sintomo di intelligenza, essere opportunisti è sintomo di furbizia, il confine talvolta è labile e serve una certa dose di sensibilità ed onestà intellettuale per coglierlo. Anche qui nessun intento giudicante, né individuale né collettivo, solo riflessioni condivise.
Interessanti le similitudini culinarie, però la buona cucina, permettimi di ricordarlo, è fatta da buoni cuochi. L’aglio e olio è tutt’altro che facile da cucinare, per cucinarlo bene, bene davvero, ci vuole mestiere. Ciò non di meno cucinata alla buona con gli amici può essere meravigliosa, l’importante è non confondere la convivialità con la professione e non improvvisarsi cuochi, come purtroppo talvolta capita. Mi viene inoltre da osservare che quand’anche cucinati da Marchesi, se la preparazione segue la tradizione, il livello di creatività e complessità del raviolo aperto resta comunque ben altro. Ci sono momenti aglio e olio e momenti raviolo aperto, sicuramente, ma questo non li pone sullo stesso piano.
Quanto a kebap e pizza, ognuno ha i suoi gusti, ci mancherebbe, ma sono gusti, appunto, perché discuterne?
Apprezzo Jovanotti, pur non rientrando nella mia personale top 50, mi piace la sua carica, il messaggio, l’umiltà tecnica e, soprattutto, i grandi musicisti che lo accompagnano a partire da Saturnino. Tutto ciò però vale DOPO la sua trasformazione, da quando ha cominciato a produrre cose che io sia riuscito ad ascoltare: con lo YO, ti prego di credermi, non ci azzecco niente! :-)
In ogni caso non credo di aver frainteso il tuo riferimento alla capacità di adattarsi che ho interpretato non con l’aiuto del pur bravo Cherubini ma di Darwin, mi è venuto così, sarà l’età! :-)
Anche qui la riflessione mi porta a chiedermi “qui prodest?”, a chi giova questo cambiamento epocale nella fotografia di stock? E tengo a precisare che non lo considero negativo a prescindere, anzi. Però è evidente che il fotografo professionista non ne ha tratto un gran vantaggio, anche a coglierne le innegabili potenzialità, la suddivisione dei ricavi così sbilanciata a favore del provider e l’apertura a chiunque abbia una fotocamera ha vanificato buona parte del reddito potenziale.
Sarò malpensante, ma sospetto che l’apertura di cui sopra non sia figlia solo di necessità quantitative contingenti (i professionisti saranno anche meno ma lo fanno di mestiere, tutto il giorno, tutti i giorni) e di spirito democratico, quanto piuttosto di lungimirante spirito imprenditoriale che non manca di cogliere la possibilità di un enorme incremento dei ricavi derivante proprio dalla suddivisione degli stessi così smaccatamente sfavorevole per chi realizza le immagini e quindi sostiene tutto lo sforzo creativo ed economico relativo alla produzione.
Per carità i professionisti sono sempre stati altrettanto individualisti e comunque divisi in botteghe e giardinetti privati, ma un minimo sindacale (è il caso di dirlo) di rappresentanza le varie associazioni lo fanno. Il professionista è spesso dotato di un buon bagaglio tecnico (non è un assoluto) ma non è altrettanto diffusa la competenza gestionale, ciò nonostante, a forza di dovercisi necessariamente confrontare, un pochino i conti si impara a farli, il che mi induce a supporre che se le agenzie dovessero confrontarsi esclusivamente con professionisti forse le condizioni sarebbero un minimo più eque.
Questo fenomeno di massificazione e banalizzazione certamente non riguarda solo la fotografia, basti guardare ai recenti fenomeni del rilevamento prezzi (bemyeyes) e trasporto a pagamento (uber). Certo il mercato e quindi le persone talvolta traggono vantaggio (vedi uber), è verissimo che certe anomalie protezionistiche sono decisamente obsolete e sbagliate, ma non è che andare da un estremo al suo opposto sia sempre la scelta migliore.
Bemyeyes è il paradigma perfetto di quanto un certo modo di essere “avanti” porti in realtà indietro di 50 anni: lavori sottopagati da sempre ma che avevano comunque una loro dignità professionale ed anche buona continuità, ridotti a giochino per soggetti improvvisati ed inconsapevolmente deboli, ma “adattati”. Resta l’impegno richiesto ma il compenso è buono giusto per pagarsi la ricarica o la rata dello smartphone di ultima generazione, la professionalità invece non è richiesta perché ci sono i “revisori” che verificano l’aderenza agli standard definiti, standard che farebbero ridere chiunque sia dotato di un minimo di grano salis ed abbia perlomeno notizia che il marketing non è un altro appellativo per gli imbonitori fumovendenti.
Credo di capire che, per fortuna, il microstock non è a questi livelli, ancora, ma le similitudini sono innegabili.
È interessante notare come spesso capiti di vedere nel gruppo su FB qualcuno che orgogliosamente pubblica la propria scheda retributiva: 900€ per 3 mesi di “job” immancabilmente accompagnati da “grazie bemyeyes”, nuove forme di Sindrome di Stoccolma? Non lo so, sicuramente sono ulteriori conferme di quanto ho dolorosamente imparato sulla mia pelle negli anni: la distanza tra orgoglioso ed orgoglione è assai breve e si coglie meglio dalla distanza.
P.S.
Sui professionisti (perché grandi?) che non fanno fattura o la riducono non commento (ossimoro! :) ), non perché non vi siano, figuriamoci, ma perché proprio non sopporto questa equazione tutta italiana per cui se molti rubano qualcosa allora non è grave, posso farlo anche io… anzi, già che ci siamo, più che qualcosa, facciamo che rubare tutto, tanto lo fanno tutti, è normale.
Ciao Marco, non volermene ma io sono diretta e vivo di emozioni di pancia.
Premessa: se parlo di qualcosa è perche l’ho vissuta.
Come dicevo è uno spaccato che mai si chiuderà. Il tuo PS è sinonimo di quanto ci stiamo capendo e visto che tanto ti piace la parola, ecco noi siamo due ossimori. Partendo da sotto: non giustifico le mie mancanze con quelle degli altri, ma è giusto che si sappia anche l’altra parte cosa faccia. La parte dell’equazione che tanto non ti piace è una realtà tutta Italiana, proprio come dici tu , ma qui cadiamo nel campo delle finanze e non mi sembra il luogo adatto. Ora tutto questo giro degli spaghetti mi sa tanto di volo pindarico. Ho la netta sensazione che tu sia arroccato su alcune posizioni tralasciando le emozioni di pancia. Aglio e olio è semplice, ci vuole mestiere ma fino ad un certo punto, il resto rimane tanto una burla per neo appassionati. Ma sa lua semplicità non intacca il suo posto nella cucina italiana. Jovanotti gridava yo a ragazzi da discoteca che avevano come obiettivo tornare li la sera dopo. Insomma diamo peso e senso alle parole. L’etica è oggettiva ma le devi far indossare alle persone, è come un vestito, e se un vestito non ti sta bene, lo cambi. Non confondo concetti , non è mia abitudine. hai citato Bemyeyes facendo molta attenzione a non citare Istock. C’è lo stesso concetto, non solo la stessa cosa, ma funzionano teoricamente in modo uguale. Sai è difficile sentirsi dire ‘soggetti improvvisati ed inconsapevolmente deboli, ma “adattati”. La verità è che l’offerta è cambiata, tutto qui, bisognerebbe accorgersene con la stessa intelligenza che richiede essere oppurtunisti e oppurtuni.
Ah , quando vorrai ci prendereo una pizza ed un kebab. Mangerò metà della tua pizza solo se tu mangerai meta del mio Kebab.
Ciao a tutti
conosco bene il settore stock ed anche a me fa comodo che esista, ma mi metto nei panni dei fotografi tradizionali…
Secondo me avete ragione tutti e due, lui è evidentemente un professionista incavolato, che si è visto portare via tanto lavoro da un mercato che si è riempito in pochi anni di non-professionisti, con attrezzatura low-budget che facevano quello che faceva lui per 1 euro.
Tuttavia, bisogna dire che spesso era proprio la domanda che richiedeva un’immagine a basso costo, non tutti possono permettersi di pagare un professionista per commissionargli una foto da mettere sul sito o per una piccola campagna pubblicitaria…
Ricordo che nei primi anni 2000, quando è nato questo settore, c’era un maggior equilibrio fra le due realtà, e anche le foto stock costavano il giusto, forse troppo, ma comunque nessuno si lamentava.
Ora anche la fotografia stock è stata cannibalizzata a sua volta da profili sempre meno professionali, con attrezzatura sempre più schifosa, che per vendere 100 foto al mese, ha piano piano massacrato anche questa nuova professione del fotografo stock.
La colpa è solo ed esclusivamente delle agenzie che vendono le nostre foto, perchè loro non hanno ovviamente rispetto per il lavoro che c’è dietro, e non fanno la dovuta selezione fra i collaboratori e le loro attrezzature.
e poi non hanno nessun ritegno ad abbassare i prezzi e svendere le nostre foto perchè tanto ne hanno a milioni e sempre nuove!
E’ un settore dove cane mangia cane, ed anche fra di loro si sbranano l’un l’altra, ed in futuro molte scompariranno e forse ne resteranno 3 o 4 a spartirsi la torta, che è sicuramente buona e gustosa, visto che ha appunto portato tanti nuovi clienti ad un settore che era solo per pochi acquirenti con i soldi…
per concludere, la vita non è facile per nessuno, e anche i fotografi stock hanno i loro “parassiti” con cui fare i conti.
Questo settore è molto competitivo, e viene continuamente cannibalizzato da amatori che per pochi euro buttano via una marea di tempo e sottraggono “sales” a chi magari spera di farsi seriamente uno stipendio da operaio con la fotografia stock, a fronte comunque di tanto investimento di attrezzature e tempo.
Quindi io sconsiglio a tutti quelli che non hanno seriamente intenzione di impegnare gran parte del loro tempo libero per anni (investendo anche in macchine e lenti sempre più costose), di avviarsi alla professione di stock photographer, e sconsiglio anche di fornire informazioni gratis per far entrare altri nel giro…..
perchè oltre a far perdere loro un sacco di tempo, rischiate di veder calare ancora di più le vendite nei prossimi anni e di dover abbandonare anche voi il settore.
Perchè è vero che la fotografia stock fa guadagnare, ma se ci fate due conti, si lavora per 2 o 3 euro l’ora, e non pensate che con i diritti potrete sempre guadagnare anche se smettete, perchè le foto perdono sempre più di valore e ranking, e un giorno sarà come non averle mai caricate….
E’ una professione dura, che va intrapresa seriamente, solo se uno non ha altro modo di mantenersi o vuole seriamente pianificare un futuro lavoro, che tuttavia è molto molto incerto… un giorno potremo scoprire che, almeno vivendo in Italia, non varrà più la pena fare questo lavoretto, per via delle commissioni sempre minori e dell’eccessiva concorrenza e saturazione.
ci sono le agenzie leader con 30 , 40 , 50 …80 milioni di immagini, ed aumentano di qualche milione ogni mese ! tra pochi anni come si sarà trasformato questo mercato ?
e tutto dipende ovviamente da loro, e da cosa gli conviene di più economicamente, non di certo a noi, ed in questo noi non abbiamo nessun controllo :)
Almeno il fotografo tradizionale, un minimo di controllo sul mercato e su come tratta i suoi clienti ce l’ha ancora ;)
Grazie Alberto per l’approfondito commento.
Paolo