Mi sento perfettamente in grado di affrontare il tema perché, modestamente, ho sbattuto il naso per anni contro la delusione di un paesaggio che al momento mi sembrava stupendo e, fotografato, risultava solo così così. Il punto chiave per capire il perché della delusione post-scatto è che il nostro cervello interpreta in modo molto differente una scena mentre si è presenti sul posto rispetto ad una fotografia.
Quando sei sul posto, infatti, tutti i tuoi sensi e le tue sensazioni contribuiscono a mantenere il livello di attenzione alto del tuo cervello e lui non si interessa di verificare che non c’è nulla di interessante in primo piano perché è impegnato ad ammirare la bellissima montagna sullo sfondo e ad annusare i profumi e sentire il vento. Ognuno di noi ricorda le scene come somma di informazioni ed emozioni. Risultato? La fotografia ci ripropone solo piccola parte delle emozioni che abbiamo acquisito in quel momento e, conseguentemente, arriva la delusione del fotografo.
Ecco quindi 5 errori da evitare al momento dello scatto e che, se conosciuti, permetteranno all’immagine finale di catturare il maggior numero possibile di elementi utili a restituire la bellezza del momento.
Dimenticare di mettere un soggetto in primo piano
Si tratta dell’errore più comune dei principianti quando scattano i primi paesaggi. L’occhio dell’osservatore ha bisogno di essere catturato e introdotto nella fotografia. Un punto d’interesse in primo piano permette all’immagine di urlare “guardami” anche all’osservatore distratto.
Andare veloci
Se ti piace la fotografia paesaggistica devi essere pronto a spendere molto tempo sul luogo da ritrarre, camminando e cercando punti di vista. Inoltre dovrai essere libero di aspettare le condizioni di luce migliori e magari anche il posizionamento delle nuvole. Se tua moglie o i tuoi figli incominciano a lamentarsi è meglio se organizzi una sessione di scatto in solitudine.
Usare solo inquadrature orizzontali
Nella maggior parte dei casi l’inquadratura orizzontale è l’opzione migliore, ma non sempre. La soluzione è quella di scattare lo stesso paesaggio con inquadratura sia orizzontale, sia verticale, e preoccuparsi di quale delle due funzionerà meglio una volta a casa davanti al monitor del pc.
Posizionare la linea d’orizzonte storta
Tra quelli elencati, è l’errore più facile a cui rimediare, ma non fidarti del tuo giudizio al momento dello scatto. L’utilizzo di un treppiede con livella a bolla d’aria è un ottimo antidoto, accompagnato da una verifica sul monitor al momento della postproduzione. Non ci sono scuse per un orizzonte storto: o l’orizzonte è dritto, o è decisamente inclinato per scelta artistica e voluta (ma allora si deve vedere), oppure è semplicemente storto. Come nelle fotografie sbagliate.
Non fare postproduzione, ovvero il Partito Anti Photoshop
Alcuni puristi sono terrorizzati dalla parola postproduzione (tradotto, migliorare una fotografia utilizzando un programma di fotoritocco) e l’abbinano automaticamente al falsificare una fotografia. In realtà il processo di elaborazione dell’immagine inizia già dentro la nostra fotocamera. Che ci piaccia o meno, infatti, la nostra fida compagna interpreterà con un proprio carattere e in base ai suoi algoritmi di elaborazione immagine le fotografie che cattura. Nella fotografia destinata alla vendita di stock la postproduzione è sempre necessaria. Scegliere di aumentare luminosità o contrasto per rendere l’immagine più vivida non è peccato mortale. Personalmente ritengo anche che rimuovere piccoli elementi di disturbo (es. fazzoletti di carta a terra) sia un’opzione perfettamente etica. Cosa completamente diversa è alterare il significato di un’immagine, magari destinata al mercato giornalistico, ma in questo caso si apre un tema completamente distinto cui può rispondere solo l’etica professionale del fotografo stesso.
Riguardo il primo punto “Dimenticare di mettere un soggetto in primo piano” mi è subito venuta in mente questa foto: http://en.wikipedia.org/wiki/Rhein_II
Dopo averla vista per la prima volta ho provato spesso a fare delle foto paesaggistiche assolutamente piatte (sia nella composizione che nel colore), proprio come Rhein II, ottenendo solo delle ciofeche.