Nell’ultimo anno ho visto due amici chiudere un negozio di fotografia: entrambi avevano scelto di lasciare un lavoro da dipendente per diventare fotografo professionista. E entrambi avevano iniziato quest’attività per fare quello che amano (o amavano).

Questo post vuole capire se c’è qualcosa da imparare da queste esperienze

Prima storia: il piccolo negozio di fotografia

Il mio amico fotografo apre il suo piccolo negozio di fotografia poco più che 4 anni fa. E’ un bel negozietto, non grandissimo, ti da subito un’immagine di pulito. I colori chiari dell’arredamento sono azzeccati. Oltre ai servizi tradizionali di fotografia per eventi offre anche una discreta selezione di prodotti di ottica. Per lui è il realizzarsi di un sogno: finalmente fa quello che veramente gli piace, diventare fotografo professionista.

Non gestisce il negozio singolarmente ma si coordina con un socio sia quando c’è da stare al bancone e ricevere clienti, sia quando c’è da fare fotografia di matrimonio. Anche perché quest’attività è l’unica che veramente permette di avere un minimo di margine sugli incassi.

Il primo anno è fantastico, qualche problemino a fine mese ma nulla di non risolvibile. Parenti e amici danno una mano volentieri e così, cavalcando l’entusiasmo, si arriva al secondo anno. E qui c’è il vero muro. I conti continuano a non quadrare a fine mese. C’è bisogno di chiedere un fido in banca. Che purtroppo in alcune occasioni viene sfondato a causa di spese extra, comportando altre spese extra per avere oltrepassato il fido. Da quel momento fino alla fine, a quattro anni di distanza dall’apertura dell’attività, è una lenta agonia. Forse diventare fotografo professionista è stato un azzardo?

Purtroppo, a marzo 2015 l’attività tira giù la saracinesca. E’ finita l’avventura ma i debiti stanno continuando.

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Seconda storia: un bel negozio di fotografia in centro

photo-1416339426675-1f96fd81b653Questa seconda storia inizia con un altro bel negozio di fotografia, ma più ampio del primo. Siamo a Milano e qui le cose partono già in grande, per quanto sia possibile. L’amico realizza il sogno di diventare fotografo professionista dopo un passato da manager di alto livello in una grande impresa.

I soldi messi da parte per fare il grande salto servivano proprio a questo: a realizzare il passaggio da lavoratore dipendente a titolare di un negozio di fotografia.

E anche in questo secondo caso i problemi arrivano verso il secondo anno. Il mio amico si accorge che i costi mensili che aveva preventivato devono essere in media moltiplicati per due e i tempi di realizzazione dei suoi progetti almeno per il triplo. Poi c’è il nemico ancora più potente per chi sceglie di diventare fotografo professionista: la burocrazia italiana, che aiuta ad affondare una barca che già stava a galla sfiorando il pelo dell’acqua.

In questo caso l’avventura dura un triennio e poi arriva il rumore della serranda che si abbassa.

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Terza storia: diventare fotografo professionista microstock

E poi c’è Lui, che mi scrive direttamente utilizzando il modulo dei contatti di questo blog, spiegandomi come finalmente ha trovato la luce leggendo proprio fotoguadagnare.com e dicendomi che sta pensando di fare il grande salto da lavoratore dipendente e di diventare fotografo professionista microstock.

L’eccesso di entusiasmo mi mette subito in allerta e gli chiedo quante immagini ha oggi in portfolio. Lui mi risponde che non ne ha ancora nessuna, ma che ha finalmente capito che questa è la sua strada e ha anche iniziato a comprarsi l’attrezzatura giusta. Tra l’altro, mi dice che ha immagini migliori rispetto a quelle che si possono trovare online e in particolare ne ha una che non può farmi vedere perché teme che la sua idea fotografica possa essere copiata.

Lo contatto subito via mail e gli scrivo NON TI LICENZIARE PERCHE’ STAI FACENDO UNA CAZZATA! e poi seguono diversi miei commenti a sostegno del mio consiglio. Tra le altre cose, lo invito a leggere il post 6 balle che ti diranno quando diventerai fotografo professionista.

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Cosa possiamo imparare da queste tre storie?

La lezione è semplice: scegliere di fare un mestiere che si ama non basta.

Anzi, non ne frega niente a nessuno se tu ami fotografare.

Al tuo cliente (che poi è quello che a fine mese ti paga le bollette) interessa se tu gli risolvi un problema. Le tre storie che hai letto sopra hanno un comune denominatore: non partono dal bisogno del cliente. Partono dalla scelta di diventare fotografo professionista.

Nel primo caso, il negozietto di fotografia, abbiamo l’apertura di un’attività fotografica in un paese di 7.000 abitanti a vocazione prevalentemente agricola. Gli abitanti sono forse 8.000 se contiamo le mucche e le galline: non voglio ironizzare su una piccola tragedia professionale, ma è la verità. Il fotografo voleva risolvere il suo bisogno di diventare fotografo professionista a prescindere dalle esigenze dall’ambiente che lo circondava.

Nel secondo caso, il negozio della grande metropoli, il peccato originale è stata l’incapacità di differenziarsi. Purtroppo la proposta di prodotti e servizi non è stata sufficiente per caratterizzare e distinguere il negozio in questione. O riesci a distinguerti qualitativamente per le specifiche caratteristiche del prodotto che proponi, oppure l’unico modo per emergere dalla massa è abbassare i prezzi buttandosi nella concorrenza al ribasso. Vuole dire arrivare a fare i servizi di matrimonio a 500 euro. Era questo che voleva dire diventare fotografo professionista? Anche in questo caso il punto centrale è lo stesso: non c’è bisogno di un prodotto standard in una grande metropoli, anche se il tuo standard è buono rispetto alla media.

Nel terzo caso, l’aspirante fotografo microstock, ci sono tutte le premesse per il disastro a brevissimo termine. La mail della persona è un susseguirsi di io faccio, io fotografo, io compro, io, io, io… peccato che quello che vuoi tu non è importante. E’ importante quello che vuole il tuo cliente: è il suo bisogno che devi realizzare.

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Conclusioni. Allora è impossibile fare il mestiere che si ama?

Non è impossibile. Ma fare quello che ami non può essere l’unico punto di partenza.

Puoi fare il mestiere che ami, in questo caso il fotografo, se assolvi a due pre-requisiti:

  • Risolvi i bisogni del mercato
  • Sei bravo in quello che fai, così tanto bravo da distinguerti dalla massa

Se l’unica giustificazione per la tua scelta professionale è fare questo perchè mi piace, sappi che probabilmente piacerà anche a molti altri. E questo vuole dire tanta concorrenza. Hai visto in quanti siamo a volere fare i fotografi?

L’approccio più giusto è sicuramente inserire a priori un passaggio che troppo spesso saltato. Prima devi risolvere un’esigenza del mercato. Dopo, all’interno delle opzioni che rimangono, puoi fare qualcosa che ti piace.

E’ poco romantico. Ma lo è ancora meno tirare giù la serranda del tuo sogno.

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Da leggere per continuare a pensare…

Diventare Fotografo ProfessionistaE’ veramente difficile trovare un libro in italiano che parli degli aspetti di business della fotografia e abbia un approccio realistico nel confronto del mercato. Diventare fotografo professionista non è un tema che interessa particolarmente agli editori italiani.

Per chi volesse approfondire l’argomento devo quindi consigliare un libro anglosassone: The fast track photographer business plan.

Questo libro mi è stato utile perché mi ha permesso di capire e conciliare quelli che sono i miei punti di forza fotografici con quello che richiede il mercato.

I primi tre capitoli sono un po’ esoterici, parlano di vision e mission in modo molto molto americano… tuttavia il suggerimento dell’autore di mettere sempre davanti a te l’esperienza del cliente è stato il consiglio più pratico che ho avuto negli ultimi anni.

Ah: c’è anche la possibilità di fare un test gratuito online per identificare i tuoi punti di forza e debolezza come fotografo. Consigliato.

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